Con oltre 18 miliardi di dollari di fatturato annuo a livello globale, adalimumab è il farmaco più venduto al mondo e la terapia biologica più prescritta al mondo, cui fa capo anche circa la metà della spesa sanitaria europea per i farmaci anti-TNF.     Per la sua efficacia e per la possibilità della somministrazione sottocutanea, adalimumab è un farmaco centrale per le forme più severe di malattia di tre aree terapeutiche, reumatologia, gastroenterologia e dermatologia. Trova indicazione per il trattamento di artrite reumatoide, artrite giovanile idiopatica, spondiloartrite assiale, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, psoriasi, psoriasi pediatrica, malattia di Crohn in pazienti pediatrici e adulti, colite ulcerosa, uveite e idrosadenite suppurativa. 

   Queste patologie riguardano circa 100mila  pazienti italiani potenzialmente trattabili con farmaci biologici, anche se i pazienti trattati attualmente sono molti di meno. Secondo uno studio condotto dall’Università di Tor Vergata, l’impiego del biosimilare di questo farmaco potrebbe portare a risparmi complessivi stimati tra i 140 e i 170 milioni di Euro nel periodo 2018 - 2020, che si sommano agli oltre 148 milioni di euro di risparmi stimati per il periodo 2016 – 2020, ottenibili dall’introduzione delle altre due terapie anti-TNFα già disponibili nel nostro Paese. Totale circa 300 milioni.

   Abbiamo fatto il punto sul ruolo dei biosimilari nel corso di una tavola rotonda svoltasi a Milano, cui hanno partecipato due clinici di primo  livello, il prof. Carlo Maurizio Montecucco, Ordinario di reumatologia all’Università degli Studi di Pavia e il prof. Maurizio Vecchi, Ordinario di gastroenterologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente Università degli Studi di Milano. In rappresentanza della società civile era presente Rosaria Iardinopresidente della Fondazione The Bridge e, in videoconferenza, ha dato il suo contributo anche il prof. Giampiero Girolomoni, Ordinario di Dermatologia all’Università degli Studi di Verona.

Farmaci anti TNF alfa alla base del trattamento di molte malattie reumatiche
  «In reumatologia gli anti TNF alfa costituiscono la prima linea biologica – commenta Montecucco- sia per il trattamento dell’artrite reumatoide, sia per altre patologie infiammatorie croniche come le spondiloartriti assiali e periferiche e per  l’artrite psoriasica. Sono farmaci assolutamente insostituibili al momento. Anche se sono entrati in commercio altri farmaci biologici, con meccanismi di azione differenti, ma il fatto che abbiamo una esperienza oramai ventennale fa si che siano di fatto la prima scelta biologica. Adalimumab è un punto di riferimento assoluto. E’ il farmaco con maggiori vendite mondiali. L’approvazione del biosimilare di adalimumab rappresenta un’importante opportunità nell’attuale scenario terapeutico. Basti pensare che adalimumab è, nel mondo, il farmaco biologico più utilizzato in reumatologia. E’ quello che ha il maggior numero di indicazioni approvate, il che ne fa un unicum.» 

Anti TNF alfa in dermatologia 
  Anche Girolomoni è d’accordo sulla utilità del biosimilare. «Adalimumab ha un’efficacia terapeutica simile a quella di infliximab unita a una grande facilità di uso (si usa per via sottocutanea, ogni due settimane). Mi aspetto che l’ingresso di questo farmaco abbia un grosso impatto nel nostro settore, nel trattamento della psoriasi a placche dell’adulto e del bambino e anche della idrosadenite suppurativa. L’uso del biosimilare ci consentirà, di liberare risorse per trattare un maggior numero di pazienti.»

  “L’esperienza clinica che ho potuto sviluppare con l’utilizzo dei biosimilari di farmaci biologici è stata pienamente sovrapponibile a quella sviluppata con i farmaci originatori, a conferma di quanto dimostrano le evidenze scientifiche e hanno ribadito l’Ema e più recentemente l’Aifa. – commenta Girolomoni,– L’introduzione del biosimilare di adalimumab nel trattamento di malattie dermatologiche come la psoriasi potrà dare un contributo rilevante, viste le ampie possibilità di impiego di questa molecola e i conseguenti ingenti risparmi ottenibili, con potenziali riflessi sull’ampliamento dell’accesso alle terapie biologiche e sull’ottimizzazione delle risorse. Sarà quindi fondamentale l’educazione dei medici all’uso dei biosimilari, con particolare attenzione ai profili di efficacia e sicurezza di queste molecole”.

Anti TNF alfa in gastroenterologia
  Concorda sulle potenzialità dell’introduzione del biosimilare di adalimumab anche il prof. Vecchi,  che commenta: “L’utilizzo di adalimumab per il trattamento di malattie infiammatorie come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa è ormai ampiamente consolidato nella pratica clinica e l’approvazione del biosimilare di questa molecola apre la strada a un ulteriore ampliamento del ricorso a questa terapia biologica, grazie a una riduzione dei costi a fronte di una piena sovrapponibilità del profilo di sicurezza ed efficacia. La mia personale esperienza clinica conferma pienamente la sovrapponibilità tra farmaci biosimilari e originatori, ribadita recentemente da AIFA. Per la concretizzazione dei risparmi stimati, diventa quindi chiave il ruolo del medico, non solo per la decisione clinica e la scelta di trattamento, ma anche per favorire una corretta informazione al paziente e per contribuire a un uso appropriato delle risorse sanitarie”.

I pazienti sono disorientati sui biosimilari
  «Abbiamo condotto un’analisi su cosa pensano dei biosimilari i pazienti e le associazioni di pazienti – ha spiegato Iardino. Nella sostanza, il paziente (e le associazioni di pazienti) pensano di ricevere un farmaco di serie B. E’ una percezione, non è la realtà. Ma nell’era dei social la percezione conta moltissimo. Il biosimilare, almeno inizialmente, è stato spiegato male. C’è ancora molta confusione tra generico e biosimilare. L’informazione inziale non corretta, ha messo ansia al paziente e ha un po’ minato il rapporto medico paziente su questo tema. Dopo la fase inziale di confusione è stato fatto un lavoro nella direzione della chiarezza. 

   Penso che all’inizio ci sia stata una grossa pressione iniziale delle aziende di originator che poi hanno compreso che questa non era la via giusta, cioè che non potevano continuare a fare ricorsi alle Regioni che avevano adottato un atteggiamento favorevole ai biosimilari. Questo atteggiamento poi è cambiato, ma l’errore inziale continua a pesare. A seconda delle regioni italiane una parte dei pazienti ha una reazione di resistenza e rifiuto a questi farmaci, e voi sapete che la legge italiana tutela il rifiuto a un farmaco: il medico non può somministrare un farmaco contro il parere del paziente. Ci sono regioni virtuose, come la Lombardia, che cercano di avviare un dialogo con i propri clinici, altre sono più aggressive, come la Toscana che si rivolgono direttamente ai pazienti. Questo ha portato anche malumore tra i clinici. La vera lotta, a nostro avviso, non deve essere sull’utilizzo o meno del biosimilare, ma sul fatto che il risparmio ottenuto con i biosimilari venga reinvestito in Sanità e magari nella patologia dove i fondi sono risparmiati.»

Tutelare la libertà prescrittiva del medico
  «La cosa importante è che ci sia la libertà prescrittiva, questa deve essere la base di un ragionamento condiviso – chiarisce Iardino.  Se vogliamo che il biosimilare abbia la penetrazione corretta che deve avere non possiamo mettere i medici in condizioni di prescrivere indipendentemente dalla loro scienza e coscienza. 
Il nuovo position paper di Aifa va bene, arriva in ritardo ma va bene. Il position paper di Ema è ancora più incisivo, La cosa importante è che il paziente sia informato bene e che al clinico sia data la possibilità di lavorare bene in funzione di quello che ha studiato.» 

  Anche il prof. Montecucco sottolinea l’importanza della libertà prescrittiva del medico «E’ ovvio che se non sono libero di prescrivere a la prescrizione mi viene dettata da un ente superiore allora mi viene anche tolta la responsabilità della mia prescrizione. La libertà di prescrizione non implica il fatto che possa scegliere un originator per il fatto stesso che è un originator. Non si può affermare a priori che un originator è meglio del biosimilare. E viceversa. La libertà prescrittiva riguarda ad esempio quel paziente in trattamento da anni con un farmaco che conosce bene che gli ha cambiato la vita e che si vede cambiare. Al paziente viene a mancare un punto di riferimento. E’ una cosa che va discussa col paziente. 
Inoltre - sottolinea Montecucco - Questi farmaci hanno degli effetti collaterali. Se un paziente, dopo che gli ho cambiato il farmaco, malauguratamente manifesta degli effetti collaterali che probabilmente avrebbe avuto lo stesso, ma intanto li ha avuto col biosimilare. Se di fronte a una rivalsa del paziente l’unica mia giustificazione per aver cambiato il farmaco è il fatto che questo farmaco costa di meno, questa giustificazione non è prevista dalla giurisprudenza italiana. 

  Di conseguenza, il cambio del farmaco deve essere una decisione condivisa tra medico e paziente. Il medico deve informare il paziente e condividere la responsabilità della sostituzione con un farmaco che ha la stessa efficacia e anche gli stessi rischi. Però se il paziente non aderisce non aderisce a questa proposta terapeutica non possiamo costringere il medico a forzare la cosa.»

  Le scelte vanno condivise col paziente, questo è il messaggio dei clinici. «Il paziente in genere ascolta il medico - sottolinea Vecchi- tutto dipende dalla fiducia che il paziente ripone nel suo medico.»

Il punto di vista di Biogen, impegnata con tre biosimilari di anti TNF alfa

  Il responsabile del business dei biosimilari di Biogen Italia, Paolo Gili, ci ha spiegato il punto di vista sui biosimilari dell’azienda americana, che oltre alla solida tradizione in neurologia, in particolare nella sclerosi multipla, sta adesso approcciando con decisione anche il settore dei biosimilari, grazie a un accordo con Samsun Bioepis. 

  Dottor Gili, ci dà qualche dato di mercato per capire le dinamiche in atto? in Italia il mercato degli anti TNF vale circa 600 milioni di euro l’anno. Come succede per tutti i biosimilari, inizialmente lo sconto su adalimumab sarà del 20-25%. E’ probabile che in futuro gli sconti possano aumentare anche perché i meccanismi di acquisto tendono a mettere in competizione tra loro i farmaci. Ma se gli sconti fossero troppo elevati, esiste il rischio che alcune aziende in futuro possano decidere di lasciare il mercato italiano o di non produrre più il farmaco perché i margini sono troppo ridotti.

  Come si compete nel mercato dei biosimilari? Bisogna lasciare al centro della scelta il clinico, bisogna collaborare con loro e cercare di identificare i servizi più corretti al paziente, scelti insieme ai clinici. Noi abbiamo come mission quella di proporre un prezzo di acquisto inferiore. Non potremmo mai competere dal punto di vista della quantità dei servizi offerti con chi è sul mercato da 20 anni. Noi liberiamo delle risorse che il pagatore regionale e ospedaliero potrà poi mettere (on autonomia) a disposizione del paziente.

  Voi siete l’unica società che ha tutti e tre gli anti TNF più venduti nel nostro Paese. Dal suo punto di vista questo fatto vi fornisce un vantaggio? Ci da un vantaggio da un punto di vista dell’impegno percepito all’interno della comunità scientifica. Il vantaggio è quello di essere in più aree terapeutiche offrendo alternative. Oggi, ad esempio, il reumatologo può scegliere all’interno di questi tre farmaci quello più adatto per il suo paziente. Permettendogli di liberare comunque risorse, indipendentemente dalla scelta. Questo secondo me va nella direzione della libertà prescrittiva del medico.

  Il meccanismo delle gare come funziona? Abbiamo 21 servizi sanitari regionali, ci sono regioni come il Piemonte che tendono a fare gare a lotto unico mettendo insieme biosimilare e originatore e regioni come la Campania in cui il biosimilare viene messo in una nicchia, ad esempio solo per i pazienti naive.

  Nel paziente naive al farmaco biologico il biosimilare è consigliato anche nel position paper di Aifa, mentre la decisione di un eventuale switch  è lasciata unicamente al medico. Questa è la regola? Il position paper di Aifa dice che l’intercambiabilità vale per i naive e per i pazienti già in trattamento. Il medico sceglie quale farmaco utilizzare. Rispetto al primo position paper c’è stato quindi un allargamento di orizzonti.