Nuove opzioni terapeutiche per i pazienti con tumori di origine primaria sconosciuta (CUP) potrebbero essere identificate grazie alla profilazione del DNA. Lo suggerisce una ricerca presentata a Barcellona, al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), dalla quale emerge che circa un paziente con CUP su tre potrebbe essere idoneo al trattamento con un farmaco mirato o con l’immunoterapia sulla base della profilazione genica del tumore.

In un caso su 15, la sede originaria del tumore non è nota e la diagnosi avviene quando il tumore è già in fase metastatica. I pazienti con CUP sono quindi sottoposti a una terapia antitumorale e/o palliativa per alleviare i sintomi legati alla diffusione metastatica; tuttavia, solo un paziente su 10 sopravvive per un anno.
«Il trattamento standard per il CUP non si è evoluto negli anni; perciò, la possibilità di modificare l’esito per quel paziente su tre portatore di mutazioni geniche che possono essere colpite, potrebbe avere un impatto molto importante. È nostro compito cambiare l’atteggiamento secondo il quale non è possibile fare nulla per questi pazienti, e incoraggiare i clinici a trattare ogni singolo paziente in base alla profilazione del DNA» ha dichiarato il primo autore della ricerca, Jeffrey Ross, dell’Upstate Medical University di Syracuse (Usa).

Un’analisi di 303 campioni tissutali prelevati da pazienti nel 2018 e analizzati con tecnologie all’avanguardia per la ricerca di mutazioni del DNA, ha rivelato che il 32% di essi avrebbe potuto essere compatibile con una terapia biologica. La stessa tecnologia viene ora utilizzata nello studio prospettico CUPISCO, attualmente in corso, nel quale i pazienti con CUP sono assegnati a un trattamento individualizzato mirato o all’immunoterapia sulle basata sulle alterazioni genetiche del loro tumore, oppure a una chemioterapia standard a base di platino. I primi risultati di questo trial sono attesi nei prossimi anni.

La necessità di una maggiore comprensione della biologia dei tumori di origine primaria sconosciuta e di una più vasta gamma di terapie personalizzate, è ulteriormente evidenziata anche dai risultati dello studio GEFCAPI 04, anch’esso presentato al congresso ESMO. In questo studio, iniziato nel 2012, si è fatto uso di una tecnologia di analisi dell'espressione genica per identificare la fonte originaria più probabile del tumore in pazienti con CUP. Tuttavia, le terapie biologiche e altri trattamenti personalizzati per la cura del tumore primario non hanno migliorato la progressione della malattia o la sopravvivenza rispetto alla chemioterapia standard a base di platino.

«I risultati dello studio GEFCAPI 04» ha commentato Karim Fizazi dell’Istituto Gustave Roussy, dell’Università di Parigi Sud, Villejuif «sono deludenti, ma occorre considerare che molti dei pazienti arruolati presentavano tumori al pancreas o alle vie biliari, o altri tipi di tumori molto difficili da trattare e per i quali non esistono terapie mirate. In un piccolo numero di pazienti con sospetti tumori primari che difficilmente avrebbero risposto alla chemioterapia, il test molecolare ha permesso di usare un farmaco mirato o una chemioterapia o una immunoterapia più personalizzata, ma questo probabilmente non è stato sufficiente per far la differenza ai fini dei risultati complessivi del trial».

«Abbiamo bisogno di test migliori, specialmente per i tipi di tumore più aggressivi, in grado, quindi, non solo di identificarne la sede primaria, ma anche la biologia dettagliata del tumore e i potenziali bersagli per il trattamento. Inoltre, servono armi più efficaci con le quali attaccare questi bersagli» ha concluso Fizazi.

Harpreet Wasan dell’Hammersmith Hospital, parte dell’Imperial College Healthcare NHS di Londra ha commentato i risultati delle due ricerche sottolineando l'importanza della comprensione della biologia tumorale dei CUP, e non solo dell'origine del tumore primario. «La classificazione dei CUP sulla base di un test che miri a evidenziare la sua sede di origine non è sufficiente per il migliorare l’outcome. Si tratta di tumori più aggressivi e a più rapida diffusione rispetto a un tipico tumore diagnosticato con una sede primaria definita. Dobbiamo quindi comprendere meglio la biologia del tumore nelle sedi dove viene diagnosticato, piuttosto che nel punto nel quale ha avuto origine, cosi da poter scegliere la migliore terapia biologica».

«Sappiamo ora che un terzo dei pazienti con CUP potrebbe essere trattato con trattamenti personalizzati che sono già disponibili: ancora non sappiamo se questo approccio sia in grado di migliorare l’outcome, e lo studio CUPISCO, molto importante, è stato disegnato proprio per appurarlo. Oggi la ricerca della sede originaria del tumore con approcci moderni in pazienti con sospetto CUP ha ancora senso per i clinici, specialmente nei centri dove esami più sofisticati non sono disponibili» ha aggiunto l’esperto.

«Questo è stato dimostrato nello studio GEFCAPI 04, nonostante i risultati non soddisfacenti in termini di sopravvivenza. La diagnosi è molto importante dal punto di vista del paziente e quelli con CUP sono tra i più vulnerabili che vediamo. Tuttavia per il futuro, via via che la profilazione del DNA diventerà più ampiamente diffusa e aumenterà la gamma di terapie personalizzate a disposizione del clinico, possiamo aspettarci prospettive migliori anche per i pazienti con CUP» ha concluso Wazan.

Bibliografia
J. Ross, et al. Comprehensive genomic profiling (CGP) of carcinoma of unknown primary origin (CUP): retrospective molecular classification of potentially eligible patients (PTS) for targeted or immunotherapy treatment (TX) using the prospective CUPISCO trial’s criteria. Annals of Oncology (2019) 30 (suppl_5): v851-v934. 10.1093/annonc/mdz394
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K. Fizazi, et al. Phase 3 trial of empiric chemotherapy with cisplatin and gemcitabine or systemic treatment tailored by molecular gene expression analysis in patients with carcinomas of an unknown primary (CUP) site (GEFCAPI 04). Annals of Oncology (2019) 30 (suppl_5): v851-v934. 10.1093/annonc/mdz394
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