Le nuove tecnologie, il web, la rete, i computer e gli smartphone, i Big Data e l’Artificial Intelligence hanno già rivoluzionato da tempo il mondo della salute e il nostro modo di vivere, ma in questo momento storico siamo di fronte ad un altro cambio di passo importante che trasformerà per sempre la medicina. L’emergenza sanitaria Covid 19 ha accelerato in maniera significativa la digitalizzazione delle strutture e delle pratiche sanitarie evidenziando il ruolo fondamentale della telemedicina in particolare nella gestione del paziente. Da un recente studio di Frost & Sullivan il mercato degli investimenti in Europa per quanto riguarda la telemedicina potrebbe raggiungere un giro d’affari di 17 miliardi di euro entro il 2026. Investimenti che dovrebbero innanzitutto privilegiare la comunicazione professionista - paziente, portando a regime strumenti di collaborazione quali videochiamate e messaggistica, la sicurezza nel trattamento dei dati personali e la compliance normativa documentale e burocratica.

Psichiatria e strumenti digitali

Quest’onda digitale, se viene contestualizzata nell’ambito psichiatrico, per gli aspetti di interventi o diagnosi di terapia in remoto, inclusa la telemedicina, sta offrendo alla professione un nuovo scenario: quello della psichiatria aumentata in cui approcci vecchi e nuovi convivono potenziandosi a vicenda a vantaggio dei pazienti e della loro salute mentale. La psichiatria sembra essere dunque una delle specialità che più di altre verrà trasformata dalle tecnologie digitali.

Di questa evoluzione ne parla da tempo Valerio Rosso, medico-chirurgo, psicoterapeuta e specialista in psichiatria, studioso e appassionato divulgatore di neuroscienze, salute mentale e innovazione digitale applicata alla psichiatria.

Da diversi decenni circola negli ambienti accademici il concetto di psichiatria digitale riferito soprattutto all’utilizzo dell’informatica nella raccolta e gestione dei dati clinici, ma è dal 2010 in poi che i progressi della tecnologia stanno cambiando inevitabilmente la pratica della disciplina. La vera spinta al cambiamento è arrivata nell’ultimo anno e mezzo dove si è assistito, causa pandemia, a un incremento della telemedicina, per esempio con la possibilità di erogare colloqui, consulti e interventi di supporto psicologico mediante piattaforme digitali di medicina narrativa e videochiamate. Il tutto è stato un po’ a discapito, consapevole, del rapporto umano tra medico e paziente, ma in generale le innovazioni tecnologiche porteranno in un futuro già prossimo un beneficio nell’ambito psichiatrico, ma non solo. Cambieranno sia il modo in cui verranno diagnosticate le patologie sia le prestazioni mediche ottimizzate dalla possibilità che danno le tecnologie digitali di misurare anche variabili sociali, ambientali e psicologiche.

Terapie digitali in psichiatria
Oggi, grazie ai Big Data e l’AI gli psichiatri sono in grado di fare previsioni comportamentali sui loro pazienti, rispetto all’autolesionismo, il rischio di suicidio, gli inizi psicotici, le fluttuazioni dell’umore. Gli algoritmi dell’AI così come i Big data vengono utilizzati come nuovi “principi attivi” di una generazione di medicine basate sui software. Si parla quindi di terapie digitali, spesso abbreviate con l’acronimo DTx, ovvero interventi terapeutici, mediati da un software con l’obiettivo di modificare uno o più comportamenti disfunzionali di un paziente, gestendone anche i sintomi, con il fine di migliorare gli esiti della sua malattia. La modifica dei comportamenti disfunzionali è una possibilità che non è mai stata indagata fino in fondo in quanto non di facile misurazione nelle sue conseguenze di salute e malattia. Le DTx sono presumibilmente tra le applicazioni più interessanti e rivoluzionarie della psichiatria nell’ambito clinico quotidiano. Come vengono “erogate” queste terapie? Per esempio attraverso lo smartphone, l’uso di chatbot, videogiochi e tra qualche anno anche con l’utilizzo della realtà aumentata.

“Lo smartphone - afferma il dr. Rosso - rappresenta una nuova via di accesso privilegiata alla nostra mente”. Partendo da questa forte affermazione ci si rende conto del “potere” che hanno gli smartphone sulle persone. Tutti ne siamo dotati e siamo connessi, ormai si può dire 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, comunicando in maniera verbale e simbolica molto di più di quello che facciamo nella nostra vita offline. Una delle prime azioni, se non la prima, che mettiamo in atto quando ci svegliamo è guardare il cellulare. In quel momento già interagiamo e trasmettiamo dati anche se la maggior parte delle persone non ne è così conscia. Acquisti, gusti, spostamenti, desideri, relazioni e reazioni vengono registrate dai nostri cellulari. Tutte queste informazioni possono essere raccolte e analizzate secondo flussi e Big Data per essere clusterizzate e generare report-psico comportamentali sulla persona. Ma non solo. Ulteriori flussi di dati sulla motricità e motilità della persona possono essere prodotti grazie all’elevata sensorialità presente negli smartphone. Ẻ proprio questo l’aspetto che lo rende uno strumento di accesso alla mente continuo, potente e pervasivo al punto di essere in grado di trasformare il modo in cui le persone pensano e si comportano. Un aspetto che inizialmente potrebbe avere solo una valenza negativa, ma se ribaltiamo il punto di vista, si comprende immediatamente il potenziale positivo insito in esso.

“Il digitale con tutta la sua potenza di analisi e di influenzamento ha la possibilità di essere utilizzato per modificare in meglio i nostri comportamenti, il nostro stile di vita e il nostro modo di pensare e sentire le cose. Tutto ciò ha una grossa rilevanza in psichiatria”, dichiara il dr. Rosso. Pensiamo, per esempio, all’importanza di assumere comportamenti corretti per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e oncologiche. Lo stesso vale in psichiatria dove, il cambiamento dello stile di vita insieme alla psicofarmacologia, agli interventi psicoterapeutici individuali e di gruppo possono aiutare a prevenire, curare e a non ricadere in molte forme di patologie psichiche. Purtroppo però le risorse investite in salute pubblica sono ancora indirizzate per la maggior parte verso l’intervento a posteriori, ovvero quando la persona ha già sviluppato un disturbo. Lo evidenziava anche nel 1976 un lavoro di Dever: il nostro stile di vita influenza gli esiti di patologie di salute per un buon 43%, ma l’ambito della medicina preventiva riceve meno finanziamenti economici poiché modificare i comportamenti delle persone su larga scala comporterebbe l’impiego di grandi risorse economiche. Fino all’arrivo però della medicina digitale che offre già nuove soluzioni anche senza ingenti investimenti. Scendendo nel pratico e entrando nel campo della psichiatria, patologie come la depressione, per esempio, possono essere curate unendo terapie classiche a quelle digitali. Come? Delegando una parte delle azioni a piattaforme digitali, o meglio, ad un ecosistema di interventi digitali in remoto in cui esseri umani e algoritmi, terapie digitali appunto, collaborano verso un nuovo standard di cura. La prescrizione delle DTx viene fatta in associazione o meno con altri metodi terapeutici più tradizionali, compresi i farmaci.

Come funzionano le terapie digitali
Prendiamo per esempio SOMRYST™ e reSET®, due app per smartphone e tablet approvate negli Stati Uniti dalla FDA dopo un trial clinico randomizzato, che vengono prescritte dal medico esattamente come succede per un farmaco. La prima, SOMRYST™, è una terapi a digitale per il trattamento degli adulti con insonnia cronica. Ha lo scopo di fornire interventi neurocomportamentali su misura, in particolare la terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia e la restrizione del sonno guidata da algoritmi progettati per migliorare i sintomi dell’insonnia. La seconda, reSET®, fornisce una terapia cognitivo comportamentale per il disturbo da uso di sostanze, come gli oppiacei, attraverso una dashboard che mostra al medico l’utilizzo dell’app da parte dei pazienti comprese le lezioni completate, la segnalazione dell’uso di sostanze, le voglie e i fattori scatenanti.

In maniera analoga alle medicine classiche in cui una molecola viene introdotta nell’organismo, anche nel caso delle terapie digitali dunque un “eccipiente” veicola l’algoritmo al paziente fornendole una forma e una via di somministrazione. Tutte i modi in cui l’algoritmo può declinarsi avranno l’obiettivo di stimolare il paziente. Riprendendo l’esempio dell’app per smartphone, si sfrutta la continua interazione con questa periferica per inviare al paziente notifiche, vibrazioni e feedback, per erogare contenuti audio e video testuali con la finalità di produrre un percorso psicoeducativo per modificare un comportamento e pensieri disfunzionali. Le DTx prevedono anche un ulteriore cambio di paradigma nella sanità: il paziente diventerà sempre più parte attiva collaborando con il medico nello studio e nel miglioramento delle cure.

Le app per le terapie digitali si differenziano dalle altre di salute innanzitutto perché sono software sviluppati a seguito di una sperimentazione clinica randomizzata e controllata, devono poi essere approvate da enti regolatori, prescritte da personale medico e potrebbero anche essere rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale, come avviene già in alcuni paesi. In Germania, nel 2019 periodo pre-covid, è stata attuata una legge di rimborso delle terapie digitali in remoto. Il presente di alcune nazioni sarà dunque il futuro di altre. Per l’Italia probabilmente ci vorrà ancora qualche anno prima che queste innovazioni tecnologiche prendano piede nella pratica clinica quotidiana della psichiatria.

Il futuro della psichiatria digitale
Le DTx sono solo una parte del più ampio concetto di psichiatria digitale che include altri interventi in remoto quali, per esempio, la comunicazione digitale, i digital biomakers, la telepsichiatria e in futuro la psichiatria aumentata. Con quest’ultima si intendono azioni di diagnosi e terapia governate dall’essere umano ma costruite partendo da diverse fonti digitali di informazione e di analisi automatica della realtà clinica e delle migliori evidenze disponibili. Questo processo avvenirista potrà fare da guida alle scelte del medico e dell’equipe di lavoro nel trattamento dei pazienti. Saranno però necessarie nuove competenze in ambito tecnologico del personale sanitario oltre a strumenti di qualità per sfruttare appieno il potenziale del digitale.