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Nuova tecnica innovativa per la cura di una malattia rara del midollo, Faenza avanti a tutti

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Nuova tecnica innovativa per la cura di una malattia rara del midollo, Faenza avanti a tutti

Modalità di trattamento innovativa per una patologia rara, il “Midollo ancorato occulto”, all’ospedale di Faenza. Ad eseguirla è il dottor Vanni Veronesi

Redazione 26 maggio 2018 19:42 

    Modalità di trattamento innovativa per una patologia rara, il “Midollo ancorato occulto”, all’ospedale di Faenza. Ad eseguirla è il dottor Vanni Veronesi, dell’unità operativa semplice di Chirurgia del Sistema Nervoso Periferico, diretta dal dottor Staffa, che l’ha recentemente utilizzata su un paziente ungherese. Il tutto nell’ambito dello sviluppo delle funzioni della Neurochirurgia dell’Ausl Romagna.

  Nella sindrome del midollo ancorato occulto si possono avere diversi sintomi che però sono aspecifici. Principalmente i disturbi si localizzano agli arti inferiori con dolori, rigidità, formicolio, alterazione della sensibilità. I dolori possono essere presenti anche a livello lombare. In alcuni casi vi sono disturbi sfinteriali con necessità di urinare spesso, di giorno e di notte, e nei casi più gravi compare anche incontinenza urinaria.

  “Il midollo ancorato, occulto e non, può presentarsi come patologia a sé stante oppure essere associato ad altre patologie – spiega il dottor Veronesi, uno dei pochissimi neurochirurghi in Italia a eseguire questa tecnica in anestesia locale e senza rimozione di tessuto osseo -. Prima di essere operato il paziente è sottoposto a una risonanza magnetica lombare particolare in posizione prona grazie alla quale, in virtù di un lavoro scientifico pubblicato nel 2013 da ricercatori dell’Università di Hiroshima, si può avere un riscontro strumentale al sospetto clinico di sindrome del midollo ancorato occulto. L’intervento, in anestesia locale, dura circa 25 minuti, dopo tre ore il paziente può mettersi in piedi e deambulare, il giorno successivo il paziente è dimesso. Con questa tecnica chirurgica mini-invasiva non vi sono i rischi e le complicanze della tecnica chirurgica tradizionale   che prevede l’anestesia generale, la rimozione di parte delle vertebre e l’apertura delle meningi”.

Nel 2016 i dati preliminari del protocollo diagnostico e chirurgico sono stati oggetto di una tesi di laurea in medicina e chirurgica presso l'Università di Milano. E' stata valutata la situazione di benessere globale percepita dal paziente dopo l’intervento, considerando l’impatto sulle attività quotidiane e quindi sulla qualità di vita in generale, ed è stato riscontrato un miglioramento nel 87% dei pazienti. Non vi sono state complicanze.

  E’ la notizia si è diffusa, tanto che di qui a breve presso l’Ospedale di Faenza sarà visto un paziente francese per valutare se vi sono le indicazioni al trattamento chirurgico con la nuova tecnica. Intanto, comunque, “dal 2014, epoca in cui alla tecnica chirurgica mini-invasiva, eseguita sin dal 2010, è stata aggiunta la diagnostica strumentale mediante la risonanza magnetica lombare in posizione prona, sono stati operati più di un centinaio di pazienti provenienti da dodici regioni italiane – racconta ancora il dottor Veronesi -. La casistica comprende anche pazienti stranieri. In ottobre 2017 è stato operato un paziente ungherese di 33 anni, e nel 2015 è stato operato un giovane uomo bosniaco di 36 anni”.

  Tale tecnica chirurgica innovativa – che verrà descritta per la prima volta a livello internazionale dai medici dell’Unità Operativa, Veronesi, Sacco, Mencarani oltre allo stesso dottor Staffa, in un lavoro scientifico che sarà pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Operative Neurosurgery nel mese di luglio 2018 – non è certo l’unica tecnica mininvasiva per il trattamento di patologie della colonna vertebrale utilizzata a Faenza: per citare solo le principali, vertebroplastica o cifoplastica, in anestesia generale o locale, per il trattamento delle fratture vertebrali da fragilità ossea; discolisi mediante coblazione, in anestesia locale, per il trattamento di ernie discali contenute; stabilizzazioni vertebrali percutanee o con accessi mini-open, in anestesia generale, per patologie degenerative della colonna vertebrale.


Fonte: ravennatoday.it
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